Migrazioni e comportamento sociale     di F. Barbagli Indietro Indice Avanti

Le migrazioni dei Cetacei sono note sin dai tempi antichi e l’abitudine delle balene di tornare in zone abituali era già conosciuta dai cacciatori che talvolta trovavano, in qualche individuo ucciso, vecchi arpioni utilizzati in anni precedenti. Se i delfini e le altre specie di piccola mole compiono solo movimenti di scarsa entità trasferendosi dalle acque costiere a quelle pelagiche in cerca di prede, le balene, le balenottere e i capodogli fanno spostamenti lunghissimi. Le loro abitudini migratorie derivano dalla contrazione dell’areale di distribuzione che molte specie hanno avuto durante le ere geologiche. Gli antenati dei moderni Misticeti vivevano nelle regioni tropicali e subtropicali e, durante il Pleistocene, riuscirono ad adattarsi al raffreddamento delle acque. Successivamente, nei periodi più caldi, per sfruttare le zone a maggior disponibilità di plancton, questi giganti seguirono il ritirarsi dei ghiacci compiendo spostamenti che ancor oggi avvengono annualmente. Durante l’estate balene e balenottere si trattengono nelle acque polari che hanno grande abbondanza di cibo, poi in autunno muovono verso la fascia equatoriale dove avvengono i parti e gli accoppiamenti e dove rimangono finché, nella primavera successiva, non intraprendono il viaggio di ritorno. Alla balena grigia, che ha come area di alimentazione i mari di Bering e come quartiere riproduttivo la baia di California, spetta il primato del mammifero che compie i movimenti migratori di maggior entità; tuttavia, anche per una megattera, è stata provata una migrazione di oltre 8.000 chilometri nell’emisfero boreale.

I grandi spostamenti a cui i grossi cetacei sono soggetti richiedono una notevole capacità di ritrovare le rotte migratorie. Sui meccanismi che permettono l’orientamento delle balene, gli studiosi hanno formulato varie teorie che riguardano l’osservazione del sole, la sensibilità al campo magnetico terrestre, il rilevamento della struttura dei fondali mediante il biosonar e la percezione della temperatura e degli stimoli termici e gustativi delle correnti e delle masse d’acqua. Anche se non è stata provata l’effettiva veridicità di nessuna di queste, si può affermare che più tipi di segnali concorrano a determinare il sistema di navigazione.

I Cetacei sono animali gregari, ma la loro organizzazione sociale è ancora poco nota. Nei Misticeti i legami più duraturi sono quelli di tipo parentale che esistono fra madre e cucciolo. Nonostante la mancanza di legami duraturi, sembra che in alcune specie vari esemplari si mantengano in contatto acustico nel raggio di diversi chilometri, in modo da costituire una sorta di branco con maglie molto larghe. I raggruppamenti di individui che spesso si formano sono dovuti soprattutto alla grande disponibilità di cibo nelle aree di alimentazione o alla presenza di femmine in periodo riproduttivo. Più complessa è invece la struttura sociale degli Odontoceti le cui specie possono essere solitarie, formare piccole aggregazioni di individui o radunarsi in branchi anche molto numerosi, come fanno certi delfinidi che possono formare concentrazioni di qualche migliaio di individui.
I capodogli vivono in piccoli gruppi di femmine e giovani ai quali si aggiunge un maschio, solo durante la stagione degli accoppiamenti; spesso la conquista di un branco di femmine è preceduta da duri e sanguinosi combattimenti fra contendenti. Nelle orche, invece, avviene la formazione di gruppi sociali stabili con individui dei due sessi e di varie età; poiché la composizione del branco varia solo in conseguenza della nascita o della morte di esemplari, tutti i membri del gruppo sono imparentati fra di loro e gli accoppiamenti avvengono tra soggetti di branchi diversi.

Poco si sa delle gerarchie che si creano all’interno delle aggregazioni e le poche conoscenze derivano soprattutto dallo studio di tursiopi in cattività; tuttavia sembra che i rapporti tra individui non siano molto rigidi e che i ruoli possano cambiare velocemente.


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