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Fonti ambrosiane: i canti per la Purificazione
Abstract
Il presente contributo nasce con l’intento di offrire uno spaccato del repertorio musicale ambrosiano. Nonostante la diffusione territorialmente limitata, e nonostante i più o meno decisi interventi riformatori, che tesero ad uniformare il rito ambrosiano al romano, la Chiesa di Milano ha da sempre goduto di un’ampia autonomia in campo liturgico, tale da consentirle di essere l’unico rito latino sopravvissuto sino ad oggi (pur con qualche compromesso) accanto alla liturgia romana. In virtù di tale peculiarità si è voluta fornire, quindi, la trascrizione e collazione delle quarantuno melodie, presenti in ventisette manoscritti compilati tra il XII e il XVI secolo, intonate in occasione della celebrazione liturgica della Purificazione del 2 febbraio. In questo modo si è voluto offrire alla ricerca musicologica tutto il materiale relativo ad una festa introdotta tardivamente in tutto l’Occidente cristiano – e con un significato prettamente mariano – che a Milano ha mantenuto i contenuti cristologici propri dell’Ipapante (letteralmente, “presentazione”) della Chiesa d’Oriente. La collazione delle melodie è avvenuta partendo dal testimone di volta in volta più antico, e seguendo dei criteri che, pur attingendo al lessico della filologia classica, da essa si distanziano per l’oggettiva impossibilità di determinare uno stemma codicum, ossia una relazione ‘familiare’ tra tutti i testimoni. Per tale ragione si è anche preferito trascrivere le melodie così come vengono tramandate dai manoscritti, salvaguardandone l’individualità e limitando al minimo – segnalandole – le interpretazioni.
This contribution comes with the intention of offering an insight into the Ambrosian repertoire of music. Despite the spread territorially limited, and despite more or less decisive interventions reformers who aimed at standardizing the Ambrosian rite at the Roman one, the Church of Milan has always enjoyed broad autonomy in the liturgical sphere, that enable it to be the only Latin rite survived until today (although with some compromise) next to the Roman liturgy. Under this peculiarity we want to provide, therefore, transcription and collation of the forty melodies, in twenty-seven manuscripts compiled between the 12th and 16th century, tuned during the liturgical celebration of the Purification (February 2). In this way we want to offer at the musicological research all the material on a holiday introduced tardily in all the Christian West – and with a purely Marian significance – that in Milan maintained the Christological contents of the Ipapante (literally, “Presentation”) of the Eastern Church. The collation of the melodies occurred starting every time from the copy the oldest, and following the criteria which, while attaining at the lexicon of classical philology, are far from them for the objective impossibility to determine a stemma codicum, a ‘familiar’ connection among all the copies. For this reason we preferred transcribe melodies as they are handed down from manuscripts, maintaining their individuality and reducing to a minimum – indicating them – our interpretations.
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Lo stato delle fonti
Lo studio del repertorio musicale liturgico, componente essenziale di ogni celebrazione, è condizionato dallo stato materiale delle fonti, ossia dalla loro disseminazione geografica e dal contenuto liturgico che effettivamente tramandano: non è sufficiente esprimersi nei termini di ‘libro liturgico’ per identificare lo strumento di trasmissione di una tradizione melodica che, anzi, proprio a partire dal tipo di materiale melodico tràdito, necessita di ulteriori specificazioni. La fenomenologia del libro liturgico, quale sussidio librario al corretto svolgimento delle azioni liturgiche, infatti, non si esaurisce nell’individuazione delle due tipologie con o senza notazione musicale: tra i primi si possono annoverare, a titolo esemplificativo, gli antifonari e i graduali, tra i secondi i calendari e i lezionari. La denominazione dei libri liturgici si determina, inoltre, a seconda del contesto rituale nel quale si inseriscono: per esempio, mentre nel rito romano l’antifonario è lo strumento depositario dei canti del solo ufficio, nei riti ispanico e ambrosiano esso raccoglie le melodie sia dell’ufficio sia della messa. Si assiste, però, anche al caso inverso, ossia di libri liturgici che, in due diverse tradizioni, hanno simile contenuto ma diverso nome: i riti romano e ambrosiano tramandano entrambi, infatti, le antifone processionali, ma il primo in un libro detto ‘processionale’, il secondo nel ‘libro delle litanie’. Per ciò che concerne la disseminazione libraria, è presto detto che, a seconda della diffusione territoriale e dell’area sulla quale un determinato rito ha esercitato la propria influenza, si avrà la preponderanza di attestazioni librarie scaturite da uno specifico contesto culturale. A proposito del rito ambrosiano, nonostante abbia esercitato una notevole influenza su buona parte dell’Italia settentrionale e centrale a partire dal IV secolo, grazie alla prestigiosa figura del vescovo Ambrogio, si può constatare come abbia avuto una diffusione pressoché regionale, perciò la massima parte dei libri liturgici impiegati per questo rito non oltrepassa il territorio della diocesi milanese e della zona dei laghi tra l’Italia e la Svizzera, e si trova disseminata – anche per effetto della prescrizione di san Carlo Borromeo[1] a proposito delle tipologie librarie che ciascuna parrocchia deve obbligatoriamente possedere – tra parrocchie, musei, biblioteche e archivi parrocchiali. Valutazioni di ordine logistico da una parte, di tutela e salvaguardia dall’altra e, non ultimi, i nefasti effetti bellici dell’ultimo conflitto mondale, soprattutto sulla città di Milano, hanno altresì indotto a raccogliere parte di questo prezioso patrimonio storico e culturale – quando non si sia verificata una sua dispersione – presso alcune istituzioni ecclesiastiche e statali. Tali enti, se da un lato garantiscono oggi la tutela di siffatta ricchezza, dall’altro la sottopongono a restrizioni che limitano le possibilità di fruizione della stessa; di converso, la sua conservazione presso alcuni archivi parrocchiali spesso non le garantiscono neppure i minimi interventi di restauro e manutenzione, e neanche soddisfacenti misure di salvaguardia, ma, in compenso, rendono molto più agevole e flessibile la sua consultazione e fruizione. Di fronte a questo stato delle fonti, fondamentalmente dispersivo, il presente contributo, seppur limitato sia contenutisticamente, sia dal punto di vista cronologico e delle fonti consultate – prende, infatti, in considerazione unicamente il formulario della Purificazione, così come viene tràdito da alcuni antifonari compilati tra il XII e il XVI secolo – nasce con l’obiettivo di fornire informazioni liturgico-musicali della tradizione ambrosiana, ovviando anche alle difficoltà di consultazione delle fonti. Viene qui di seguito presentato l’elenco in ordine cronologico dei manoscritti collazionati. Per ciascuno di essi è stata indicata la datazione comunemente accettata – quando, non comparendo esplicitamente all’interno del codice l’anno di compilazione, vi è stato bisogno di ricorrere ad elementi paleografici specifici e ad altre prove di ordine sia interno sia esterno –, la sigla con la quale vengono designati nel corso di tutta la trattazione, e il tipo di materiale impiegato per la restituzione dei canti.
Le trascrizioni
Per ciascuno dei ventisette manoscritti ambrosiani si sono trascritte le quarantuno melodie che costituiscono il corpus melodico della festa della Purificazione, precedute da uno schema con le azioni liturgiche (Az), le tipologie liturgico-musicali (Tipol.), gli incipit ed explicit dei canti, e le carte o pagine di riferimento per ciascun esemplare. Vengono qui di seguito elencate le sigle impiegate per le azioni liturgiche e le tipologie liturgico-musicali.
Le tabelle degli incipit testuali, oltre a rendere immediatamente percepibile la consistenza musicale di un manoscritto a proposito del formulario della Purificazione, evidenziano anche in quali esemplari della tradizione compare uno specifico canto: si evince, ad esempio, che l’inno Mysterium Ecclesiae viene tramandato nei vespri primi soltanto da quattro manoscritti – IIF22, B, M47 e N4 –, ai quali si aggiungono ViA e ViB nei vespri secondi. Le tabelle, però, permettono soprattutto di operare dei raggruppamenti tipologici dei manoscritti: soprattutto la mancanza di numeri di pagina in corrispondenza di determinati canti rende, infatti, prontamente evidente, anche dopo un rapido esame, a quale tipologia liturgica appartiene uno specifico manoscritto. Risulta, per esempio, subito chiaro che vi sono due ingressari, ossia DP e M52 (il primo dei quali completo anche delle antifone processionali precedenti la messa), mentre la maggior parte dei codici rientra nella tipologia degli antifonari completi. Le stesse tabelle, infine, permettono di individuare istantaneamente quante e quali ufficiature vengono omesse, e da quali esemplari: M47, per esempio, contiene soltanto i canti dell’ufficio; alcuni manoscritti (V13156, IIF11, T15, D142, M38, N4 e DR4) privi delle vigiliae, lo sono anche del sallenzio; questi e molti altri codici (con l’eccezione di L, IIF22, ViA, ViB, V, BV, T15, M47 e N4) non hanno indicazioni rubricali inerenti ai vespri secondi che, nel caso di T15 e M47, invece, pur non essendo i brani indicati esplicitamente e per esteso, vengono richiamati tramite rubriche come «Require in primis vesperis. Eodem die ad vesperum omnia fiant prout in primis vesperis» (M47) o «Ad vesperum ut supra in precedenti vespero» (T15), ossia con la diretta raccomandazione di ripetere gli stessi canti già intonati in occasione dei vespri primi – pertanto i numeri di carta sono tra parentesi quadre –.
Legenda
Asterisco (*): pagine (o carte) di manoscritti che, all’interno del formulario della Purificazione, riportano l’incipit di un canto soltanto in rubrica; dove l’asterisco non compare, invece, si ha il riferimento alla pagina (o carta) del manoscritto, ove la melodia è completa di testo liturgico e musica. Più slash accostati (////////): lacuna del manoscritto.
Per quanto concerne la collazione melodico-testuale, a ciascun testimone sono destinate una o due righe a seconda che si riporti di quello, insieme alla linea melodica, anche la riga del testo liturgico per segnalare la presenza, in un determinato luogo, di una lezione variante. La lettera maiuscola nel testo liturgico è stata riservata ai nomina sacra (Iesus, Christus, Deus), e ai termini ad essi correlati, come Dominus e Verbum, alla Trinità (Pater, Filius, Spiritus sanctus), e ai nomi propri di persona e di luogo (Maria, Simeon, Sion, Bethlehem, Israel). Per tutti gli altri casi si è impiegata la lettera minuscola, anche nei casi della prima lettera dell’abbreviazione euouae e delle sezioni soggette a ripetizione – solitamente, nei codici, entrambe evidenziate da una lettera maiuscola iniziale –. Per quanto riguarda la restituzione dei canti, le trascrizioni si avvalgono dell’impiego della notazione alfabetica medievale, consistente nell’uso delle lettere dell’alfabeto latino. La melodia del testimone di collazione è stata evidenziata con uno sfondo grigio, mentre il suo testo liturgico (ad essa immediatamente sottoposto) compare in grassetto; il testo di collazione è sempre quello del manoscritto più antico fra quelli che tramandano un determinato canto. All’inizio del canto, la riga della melodia (e, quando presente, quella del testo liturgico) riporta la sigla del manoscritto seguita dal numero di carta o di pagina; lo stesso avviene ad ogni nuova sezione (ad esempio, all’inizio del versus dei responsori). Quando la sigla del codice appare scritta in corsivo, significa che in uno specifico testimone un ben determinato canto è stato recuperato da formulari estranei alla Purificazione (soprattutto, gli ultimi sabati e domeniche d’avvento, la Natività, la Domenica dopo la Natività, la Circoncisione e l’Assunzione); il carattere tondo, invece, viene impiegato per quei manoscritti che, all’interno del formulario della Purificazione, tramandano per esteso (con testo liturgico e musica) un dato brano.
Le lettere dell’alfabeto latino si accompagnano ad una serie di simboli complementari:
Note pratiche
Le trascrizioni sono state generalmente condotte nel rispetto della lezione specifica tramandata da ciascun manoscritto: è possibile pertanto riconoscere l’individualità di ogni esemplare a partire dai dati immessi nelle tabelle. Ad un primo sguardo il numero delle lezioni varianti potrebbe apparire numericamente alto; in realtà, in seguito ad un’indagine più accurata si perviene alla conclusione che la tradizione melodica ambrosiana è fondamentalmente molto compatta, e che i luoghi in cui vi è un elevato numero di varianti non sono altro che la restituzione, il più fedele possibile delle lezioni tràdite dai manoscritti: si è avuta cura, infatti, di annotare tutte le articolazioni melodiche dei neumi giustapposti sopra un’unica sillaba (attraverso l’impiego grafico dell’accento circonflesso), e la loro consistenza sonora (tramite un trattino che evidenzi, neuma dopo neuma, se si tratta, per esempio, di un climacus o di una clivis seguita da qualche altro neuma). Tale obiettivo ha certamente indotto a sovraccaricare le tabelle di dati, ma ha contemporaneamente salvaguardato l’unicità della lezione di ciascun esemplare. Le lezioni varianti e le uniformazioni sono state segnalate,
caso per caso, con delle brevi note a piè di pagina: in questo modo
è possibile ricostruire agevolmente la lezione che di volta in volta
compare su un testimone, ripristinando l’identità di quest’ultimo. Quanto
alle uniformazioni non si è seguito un criterio specifico, rigoroso
e sempre valido per ogni circostanza – sempre ammesso che ne esista
uno –: è il caso, per esempio, dell’impiego del Si L’uniformazione di una lezione ad un’altra, tenendo conto di tali presupposti, si è pertanto configurata quale atto interpretativo rivolto alla totalità dei canti intonati durante la celebrazione liturgica (ufficio e messa) della festa della Purificazione. L’attenzione ai rapporti e alle relazioni melodiche interne ad un medesimo canto – per esempio, nel caso del responsorio che, strutturalmente, ripresenta al termine del versus lo stesso materiale melodico e testuale della fine del responsum –, e ad una stessa ufficiatura – particolarmente interessanti sono i due responsori delle vigiliae, Adorna thalamum e Senex puerum, e le ultime sallende del sallenzio precedente la messa, Nesciens mater, Virgo hodie, Gaudeamus omnes e O admirabile commercium –, ha permesso di evidenziare quei luoghi comuni nei quali l’intervento del revisore si è rivelato incoerente. È stato in occasione di tali momenti che nella trascrizione si è uniformata una lezione ad un’altra (rendendone conto in nota), quale atto – lo ribadiamo – squisitamente interpretativo.
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Copyright 2008 © Università degli Studi di Pavia | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Dipartimento di Scienze musicologiche e paleografico-filologiche – Facoltà di Musicologia |