|
LAURA
LEANTE
Aspetti multimediali
dell'esibizione concertistica progressive: analisi della rappresentazione di The
Musical Box
(1)
Introduzione Nel
presente saggio mi propongo di affrontare il tema della performance dal vivo nel
progressive rock e delle modalità secondo cui essa contribuisce alla creazione
di significato nella musica. Partirò dall'assunto generale che l'esperienza
musicale non è esclusivamente acustica, ma, al contrario, si svolge anche
su altri piani. Tale realtà si manifesta in modo particolarmente esplicito
nel progressive rock, in cui, fin dagli spettacoli di luce dei primissimi Pink
Floyd, la fruizione della musica è multimediale: la dimensione visiva legata
al design delle copertine dei dischi e dell'esibizione concertistica, è
inscindibile dalla traccia sonora; entrambe partecipano ad un unico processo di
significazione della musica chiaramente sinestetico. L'uso semantico di colori
e forme si accompagna all'impiego di luci ed effetti, a travestimenti e prevedendo
rappresentazioni grafiche di dimensioni surreali, fiabesche o inquietanti.
Pur condividendo la comune esperienza psichedelica, i vari gruppi prendono direzioni
diverse e giungono a risultati spesso opposti. Basti pensare ai concerti dei Pink
Floyd, dove l'attenzione dello spettatore è attratta dall'intero palco,
o, nel caso di "oggetti volanti o sospesi", va anche oltre, creando
un gioco di profondità e prospettiva non diverso da quello che caratterizza
la copertina di Ummagumma. Lo spettacolo consiste nella possibilità
di ascoltare il gruppo e nello stesso tempo di vedere ciò che avviene intorno
o quello che viene proiettato alle spalle dei musicisti; non è un caso
che lo stesso nome dei Pink Floyd sia spesso associato alle geometrie presenti
nella grafica dei loro dischi (in primis il triangolo del prisma e delle
piramidi di The Dark Side of the Moon) e nelle coreografie dei loro show
(soprattutto il cerchio di luci dello schermo presente sul palco sin dai primi
anni Settanta). (2)
All'opposto dell'esibizione concertistica dei Pink Floyd si possono collocare
gli spettacoli dei Genesis, nei quali l'attenzione del pubblico è focalizzata
su un singolo individuo. E' infatti Peter Gabriel che con la sua mimica, le sue
maschere ed i suoi travestimenti anima le canzoni del gruppo e gestisce da solo
la messa in scena. Sebbene l'importanza dell'evento concertistico e della multimedialità
nel rock sia stata evidenziata da diversi studiosi (ad esempio Macan, 1997), di
fatto un'analisi approfondita dell'argomento non è stata ancora effettuata
nell'ambito dei popular music studies. D'altra parte tale situazione rispecchia
quella che è una generale tendenza nella ricerca musicologica. Anche in
una delle pochissime eccezioni - Analysing Musical Multimedia di Nicholas
Cook (1997) - l'autore non si sofferma sulla performance dal vivo. Solo negli
ultimi anni si registra un crescente interesse in ambito accademico - un cenno
merita l'articolo di Jane Davidson su Annie Lennox, unico testo di analisi della
corporeità e del movimento in ambito pop (Davidson, 2001). Al contrario,
recensioni e interviste nella stampa dell'epoca sono ricche di descrizioni dell'elemento
visuale degli spettacoli progressive, il che induce a riflettere a maggior ragione
sulla necessità di approfondire lo studio dell'aspetto multimediale nel
rock. Il presente saggio nasce direttamente dalla ricerca che sto attualmente
svolgendo sui processi di costruzione del significato nell'esecuzione e nella
ricezione della musica nell'ambito del progetto "Experience and meaning in
music performance", presso la Open University. In questa sede esaminerò
un caso specifico all'interno del progressive rock inglese: i Genesis del periodo
1972-1975 e in particolare Peter Gabriel, la sua gestualità e l'uso del
travestimento nella esibizione dal vivo di The Musical Box. Evidenzierò
inoltre i significati che scaturiscono dalla analisi dei cambiamenti della performance
di questa canzone nell'ambito di circa due anni. La mia scelta è dovuta
sia alla consapevolezza che Gabriel (come ha dichiarato egli stesso - dove?) ha
della sua mimica sulla scena, sia - soprattutto - alla richezza di spunti offerti
dallo studio della rappresentazione di The Musical Box. Intendo infine
proporre una prospettiva ed una metodologia di analisi che a mio avviso offre
prospettive stimolanti e potrebbe rivelarsi ultile anche per altri repertori del
progressive e, più in generale, della popular music. Metodologia
di analisi Nel
suo studio della gestualità impiegata nella conversazione e nella narrativa
orale, David McNeill spiega come: "[,,,]
il gesto e la parola nascono entrambi da un unico processo di formulazione dell'enunciato.
L'enunciato ha sia un'aspetto legato all'immaginario, sia un aspetto linguistico.
Le immagini emergono per prime e poi sono trasformate in una struttura complessa
di cui gesto e struttura linguistica sono parti integranti." (Mc Neill, 1992:
29-30) (3) McNeill
suggerisce inoltre che il gesto aggiunge al significato espresso dalla parola
delle informazioni veicolate dalla vista e spesso altrimenti non accessibili.
In modo analogo intendo mostrare come la possibilità di vedere un concerto
arricchisca la musica di nuovi significati. In altre parole, il significato della
musica è costruito - o modificato - anche attraverso l'elemento visivo.
Con questo non voglio suggerire che l'esperienza live riveli "il"
significato di un brano o di una canzone, ma comunque offre "un" significato
che può essere anche molto distante da quello attribuito alla stessa musica
durante il semplice ascolto di un disco. Dalla mia analisi emergerà come
lo studio della performance di The Musical Box porti alla luce la possibilità
di comprendere questa canzone secondo nuove prospettive. Le categorie di gesti
identificate da McNeill alle quali mi rifarò liberamente in questa sede
sono quattro. La prima è costituta dai cosiddetti gesti iconici (iconic
gestures), ovvero quei gesti che appaiono in stretto rapporto formale con
il contenuto semantico del discorso e descrivono un oggetto o illustrano un atto.
Il secondo gruppo è quello dei gesti metaforici (metaphoric gestures),
che si riferiscono ad un'idea astratta e presentano una metafora concreta per
un concetto. Le altre due categorie proposte da McNeill sono quelle degli indicatori
di pulsazione (beats), che marcano la struttura ritmica della musica e sono costituiti
ad esempio da battiti di mani, e dei gesti deittici (deiectic gestures),
che indicano fisicamente un punto nello spazio, sia esso un luogo, una persona
o un oggetto. All'interno dei gesti iconici vorrei inoltre evidenziare il sottogruppo
dei gesti pantomimici, come discusso da Rime' e Schiaratura. Veri e propri "atti
mimetici", questi sono i gesti in cui le mani rappresentano se stesse nella
descrizione e riproduzione di un'azione da esse stesse eseguita (Rimé -
Schiaratura, 2000: 246). Le categorie finora illustrate si riferiscono a studi
condotti sulla gestualità nella comunicazione verbale. Il contesto di una
esecuzione musicale è chiaramente diverso. In un recente articolo, Martin
Clayton (2005: 374-378) ha evidenziato proprio la necessità di includere
altre tipologie di movimento corporeo legate alla musica, che suggerisco di adottare
nell'analisi della rappresentazione di The Musical Box. I due gruppi identificati
da Clayton sono quello dei gesti che sono implicati nella produzione musicale
e vocale, che considererò sotteso al presente studio, e quello dei manipolatori
del corpo o degli strumenti. Le varie di tipologie di movimenti (illustrate
in forma riassunta nella tabella 2) non sono nettamente separate, ma anzi spesso
si sovrappongono: come emergerà di seguito, nella messa in scena di The
Musical Box, Gabriel "manipola" il microfono, a volte con un effetto
iconico, a volte seguendo la pulsazione e sottolineando la struttura ritmica del
brano. Più in generale, la divergenza tra la prospettiva che intendo applicare
al mio studio e quella di McNeill risiede nel significato attribuito al termine
"gesto": se McNeill lo usa in relazione ai "movimenti delle mani
e delle braccia" (4),
io qui lo intenderò in un senso più ampio, simile a quello suggerito
da Adam Kendon (5)
e vicino all'etimo della parola, dal latino gerere (portare), in una accezione
analoga a quella di "cum"-"portamento".
1
2 3
>
| |