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Caporaletti

Composizione e sperimentazione nel rock britannico 1967-1976

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VINCENZO CAPORALETTI

Out-Bloody-Rageous (Soft Machine, "Third",1970). La logica dialettica della musica audiotattile (*)


Analisi di Out-Bloody-Rageous

Tabella 1 - schema generale


Out-Bloody-Rageous, firmato da Mike Ratledge, è il quarto pezzo del doppio long-playing dei Soft Machine Third, pubblicato il 6 giugno 1970 [LP Columbia CG30339], le cui sessioni di registrazione furono effettuate il 10 aprile e il 6 maggio 1970, presso l’I.B.C. Recording Studio di Londra.
L’organico del gruppo è composto da Elton Dean (1945-2006), sax contralto, saxello; Nick Evans (1947), trombone, Mike Ratledge (1945), organo, pianoforte, piano elettrico; Hugh Hopper (1945), basso elettrico; Robert Wyatt (1945), batteria. Nella realizzazione del disco è stata utilizzata estensivamente la tecnica della sovraincisione.
Nelle sessionografie di referenza (1) non è accreditato Nick Evans al trombone, che invece appare negli staccato della codetta [batt. I/57] (2) a 5'56'', e nella sequenza iterativa di 2S' [batt. II/13] a 10'45''. I tempi della versione di riferimento per la presente analisi si riferiscono al CD Columbia 471407 2.
La configurazione macrostrutturale del brano, della durata complessiva di 19'08'', è pentapartita (cfr. tabella 2, con i riferimenti cronologici delle cinque parti). Tre parti (I,III,V), marcatamente influenzate dal minimalismo di Terry Riley, sono costituite da loop su nastro magnetico, di cui le prime due a scorrimento retroverso. Le due sezioni ad esecuzione strumentale (II, IV), qui di seguito denominate Parte Strumentale I e II, realizzate anche con l’uso di sovraincisioni, sono incastonate in alternanza con quelle dei loop.

Tabella 2

Oggetto specifico della nostra analisi saranno proprio le due parti ad esecuzione strumentale, pur facendo riferimento ad elementi motivico-tematici presenti nei loop. Le cinque sezioni che costituiscono la macroforma del brano non sono strutturate come una suite di pezzi staccati, ma trascorrono senza soluzione di continuità e in stretto rapporto reciproco, evidenziandosi tra esse elementi di coesione su larga scala.
Per indicare l’elemento figurale cui appaiono rinviare le varie connessioni d’ordine motivico-tematico e metrico-armonico, ci riferiremo ad un’unità di base, la figura α, intendendola nel senso proprio con cui la tradizione della scuola schoenberghiana si riferisce al concetto di Grundgestalt. La forza dinamica che guida la sintesi dei processi compositivi nelle parti precomposte sembra configurarsi, quindi, come l’attuazione del principio della variazione in sviluppo, che interagisce in modalità del tutto idiosincratiche con i fattori costitutivi dell’approccio creativo di natura contestuale che definiamo audiotattile.
Partiamo dall’acquisizione che l’unità melodica che abbiamo individuato alla base delle trasfigurazioni iterative dei loop (o meglio, l’insieme delle sue frammentazioni) si configura nei confronti dello svolgimento del brano come Grundgestalt. Prima ancor di un concreto investimento formale, sia esso all’interno di un ordine metrico o di ritmica additiva, quindi, bisogna considerare tale figura-base come un campo di forze, nelle sue potenzialità melodiche, ritmiche, armoniche o cinetiche. La rappresentazione che ne diamo prescinde dalle determinazioni metriche, ritmiche, tonali/modali che le saranno conferite una volta “incorporata” nel contesto musicale, limitandoci ad evidenziarne, appunto, gli elementi in nuce, intesi come spettro dinamico di possibilità. Esemplifichiamo, quindi, la Grundgestalt nella sua essenza sonora, attraverso una riduzione delle sue componenti energetico-formative (cfr. es. 1).

Esempio 1. Figura-base

Notiamo, per inciso, come il processo stesso di frammentazione/rifrazione proprio del loop assuma direttamente in sé, sonoramente, le qualità di questa formula di riduzione analitica. È come se il loop elettroacustico fornisse l’immagine stessa fonica di uno schema riduzionale, scomponendo i grumi energetici ritmo-melodici al di fuori di una definita proiezione metrica o complessione ritmica, esibendoli essenzialmente nel loro potenziale formativo diastematico. Che questo processo, poi, nel caso presente sia incriptato, attraverso la retroversione del nastro, aggiunge un indice di esoterismo costruttivo del tutto caratteristico, assimilabile, per molti versi, alla crittografia della serie nella musica seriale.
Dal punto di vista morfologico rileviamo, innanzitutto, due gesti sonori melodici primari, due grumi energetici che identifichiamo come fattori x e y, all’interno della configurazione base α, separati da una cesura. La natura dei due elementi è dialettica. Il fattore αx procede per ampi salti intervallari ascendenti fino alla 9a, rispetto alla nota di partenza (che vedremo configurarsi come tonica modale), mentre in αy vi è una figura discendente per gradi congiunti con all’interno l’accenno di un disegno polifonico, che pure riprende ed integra la figura discendente anticipandone il corso.
La stessa figura αy può essere intesa – ad un livello sovraordinato di aggregazione – come riproposizione su due gradi adiacenti discendenti della stessa cellula motivica (αy' ed αy''), con seguito di 2a e 3a discendenti (cfr. es. 1.1).

Esempio 1.1. Segmento αy come riproposizione su gradi adiacenti discendenti della stessa cellula motivica.

Inoltre, dal punto di vista scalare, la figura α si caratterizza per ambiguità modale, data dal carattere esacordale. (Questa polivalenza, d’incoativa forma aperta, sarà disambiguata nel corso del brano con l’assunzione della qualità scalare di Do dorico).
Una volta verificate alcune potenzialità di campo individuate dalla Grundgestalt, osserviamone l’attuazione sonora, la concreta attivazione nelle sue fattive valenze percettivo/foniche. Lo facciamo in termini di ritmica additiva, in attesa di conferirle uno statuto metrico. (Solo per dare l’idea della cruciale valenza costruttiva di questa unità figurale, consideriamo che nella Parte Strumentale I, con alcune varianti estemporizzate, essa andrà direttamente a costituire l’ostinato del basso elettrico su cui s’incardina il pezzo).

Esempio 2. La figura α alla base dei loop.

La figura melodica che sta alla base delle trasformazioni in loop è costruita su un ciclo di 15 pulsazioni con 10 attacchi sonori. La struttura ritmica additiva è del tipo 2+2+2+3+3+3 (l’etnomusicologo Simha Arom [2005] la classificherebbe nella tipologia quasi-aksak). Questa partizione, relativamente ai moduli ternari, è data in virtù delle condizioni accentali che in Lester 1986 sono definite durational accent, per il re4, e del pattern beginning: le iniziali delle due cellule motiviche omologhe (a distanza di tono), il secondo do4 e l’ultimo sib3, determinano l’ictus percettivo. In questo senso, l’attivazione dalla figura-base segue qui la categorizzazione adombrata in 1.1.
Come già accennato, la figura-base si porrà come generatrice delle varie componenti motivico-tematiche, metriche, e finanche armoniche. Ora, venendo alla seconda questione, si pone il problema della trascrizione in notazione convenzionale, (3) con la quantificazione metrica di questa unità strutturale, nella sua attivazione tematica. Assumendo come unità di movimento la semiminima col punto, ne deriverebbe un ciclo di 15/8, composto del 5/4.

Esempio 2.1. Tempo quinario composto.

Tale scrittura, intesa in tempo composto, postula una riduzione impropria, “occidentalizzante”, non rispecchiando la realtà della partizione ritmica che si evidenzia all’ascolto. Ad es., si genera un’emiolia con i primi tre suoni, del tutto ingiustificata percettivamente: le pulsazioni connesse agli attacchi sonori, di per sé, invece, inducono lo stabilirsi del tactus. Questo problema vale per tutte le musiche tradizionali baste sugli aksak, che non si lasciano ingabbiare in una sintesi divisiva incardinata su una pulsazione, concettualizzata, esterna.
Per razionalizzare la scrittura, in base ai vari componenti del tessuto sonoro che andranno ad integrare questa figura-base, si rivela appropriata l’opzione multimetrica (o, secondo l’accezione di Arom 1985, eterometrica) 3/4+9/8, mantenendo l’equivalenza croma=croma. Tale opzione rispecchia più fedelmente la struttura additiva in un’ottica che tenga conto degli attacchi sonori della figura-base e del ritmo armonico implicato – un dato, quest’ultimo, non sempre riscontrabile nelle espressioni tradizionali, spesso monodiche, di questa tipologia ritmica, ma peculiare nelle musiche audiotattili. Come vedremo, il ritmo armonico costituirà un potente marcatore metrico.
Se si propongono le seguenti equivalenze operative 2+2+2 = 3/4 e 3+3+3 = 9/8 (considerando la croma come khrónos prôtos), confrontando l’es. 2.2 si potrà verificare la scelta di traslazione metrica.

Esempio 2. 2. Ritmo additivo della figura-base α e traslazione metrica (croma=croma).

Un aspetto particolarmente interessante è che nell’insieme della testura sonora si delineano, oltre a questa appena esaminata, altre scansioni additive, in una sovrapposizione metrica estremamente articolata. Ovviamente, in quella che una volta si definiva“musica sincopata”, con una formula che oggi suona irredimibilmente anacronistica, incontriamo controtempi, sincopi, poliritmie di tutti i tipi non facilmente inquadrabili in un costrutto monometrico dato a priori. Questo vale per Charlie Parker, ma il discorso non differisce sostanzialmente per Schumann o Brahms [cfr. Krebs 1987], e via dicendo. Per i Soft Machine certo la questione non cambia, ed è lo scotto che bisogna pagare per aver una qualunque trascrizione di musica in notazione convenzionale. Per fortuna esistono anche metodi per evidenziare queste defaillance della notazione e per compensarne efficacemente i limiti.
Esaminiamo brevemente come variano le caratteristiche ritmo-metriche nella prima frazione dell’esposizione tematica (cfr. es. 2.3), anticipando la trattazione di un argomento che sarà ripreso nell’analisi particolareggiata del brano (cfr. es. 5). (In via preliminare, al fine di evidenziare le diverse articolazioni additive, manteniamo per adesso la generica indicazione metrica di 15/8, non scindendo, come faremo in seguito, il ciclo in due battute di 3/4 e 9/8, seguendo le indicazioni del ritmo armonico e in funzione di una maggiore chiarezza scritturale.)

Esempio 2.3. Stratificazione metrica nel Tema principale (frammento) (Le parti dei fiati sono in note reali).

Le stratificazioni metriche che si sovrappongono solo nell’esposizione del primo segmento del tema (più avanti indicato come Pa) sono veramente intricate e molto diversificate tra loro. Questo fatto dipende dalla natura eminentemente performativa ed evenemenziale del testo musicale che stiamo studiando. Ricordiamo che l’esempio 2.3 è una trascrizione a posteriori di un evento musicale che si realizza ex tempore, fissato in notazione nella propria unicità evenemenziale: infatti, in altre esposizioni del tema, eseguite dal vivo dai Soft Machine, la forma complessiva derivante dalla sommatoria delle componenti ritmo-metriche è diversa. Ciò ha motivazioni ben precise, che hanno origine nei meccanismi profondi della formatività audiotattile. Se un qualsiasi musicista del gruppo esplica la propria capacità performativa aggiungendo o elidendo dal modello figurale [cfr. Lortat-Jacob 1987: 53] un attacco sonoro, modifica relativamente alla propria parte esecutiva il modulo articolatorio binario/ternario della stratificazione metrica (o, se si vuole, della sintesi ritmica additiva). Tale livello operativo eminentemente contestuale, caratterizzato da potenzialità trasformazionale nel trattamento circoscritto del modello figurale musicale, nella sua codifica testuale – nella sua instaurazione – attraverso il PAT, è stato definito estemporizzazione in Caporaletti 2005. Ad esempio, nell’esposizione tematica (per la trascrizione completa del tema principale cfr. es. 5, infra) il basso muta la formula dell’incipit 2+2+2+3+3+3 (cfr. es. 3, infra) in 3+3+3+3+3, estemporizzando momentaneamente il 15/8 come tempo composto del 5/4.
Dal punto di vista metodologico queste osservazioni ci illuminano sull’importanza per le musiche audiotattili di una valutazione di tutte le componenti sonore, in base ad una trascrizione integrale, in modo da avere un quadro sintetico il più preciso possibile, anziché limitarsi alla consueta estrapolazione di componenti lineari melodiche di superficie.
Vediamo schematicamente nell’esempio 2.4 i vari aksak che si sovrappongono (possiamo esprimerci, senza mutare troppo il senso, in termini di dissonanze metriche di raggruppamento, di tipo A [cfr. Krebs 1987,1999; Kaminsky 1989]). La freccia indica la fase sincronica [Schäffer 1958], in cui vi è sovrapposizione di tutti gli ictus, da noi intesa come marcatore metrico.

Esempio 2.4. Stratificazione binaria /ternaria e corrispondenze metriche (croma=croma) nel tema principale. La freccia indica la fase sincronica.

Vi è ancora un ulteriore aspetto a complicare un quadro già di per sé abbastanza intricato. Se nell’esempio 2.3 si osserva la parte dei fiati e quella della batteria si noterà che il modulo binario è in vari casi suddiviso con la terzina. Ciò implica che il valore di durata della croma terzinata, in queste occorrenze, si trova ad essere inferiore al khrónos prôtos, che negli aksak delle culture tradizionali è la minima durata reperibile. Questo peculiare fenomeno testimonia dell’indicizzazione “alla seconda” con cui la musica audiotattile utilizza reperti delle culture tradizionali orali, ricontestualizzandoli all’interno di un sistema formativo basato sugli apporti della teoria musicale (e dell’estetica) occidentale. Questo è proprio uno dei sensi per cui si qualificano, nello specifico, come musiche audiotattili [cfr. Caporaletti 2004 e 2005].

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1. Analisi di Out-Bloody
-Rageous


2. Parte strumentale I
- 1


3. Parte strumentale I
- 2

4. Parte strumentale II - 1

5. Parte strumentale II - 2

 

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